Da esperta in materia di processi migratori, di chi tutela il percorso dei richiedenti asilo ed attivista in contesti istituzionali internazionali, ho deciso di intervenire su quanto si legge (in maniera superficiale) nei social a proposito di tematiche complesse e delicate come il diritto, e gli accordi internazionali.
Non possiamo accogliere tutti, vero!
Non possiamo diventare un grande campo profughi, vero!
Non possiamo favorire le mafie locali, ovvio!
Dietro ai richiedenti asilo molta gente lavora seriamente, ma non possiamo tollerare chi ne fa un business, sicuro!
Non possiamo farcene carico solo noi in Italia, chiaro!
È una questione europea e non solo italiana, d’accordo.
Condivido ogni affermazione ed in modo assoluto. Ma tutto questo non si risolve né a colpi di tweet, né in conferenza stampa, né su Facebook.
Di sicuro non si lasciano in mare sospesi essere umani, donne in gravidanza, minori in balia delle onde del mare e di quelle di slogan politici.
Nessuno poi, cita che in quel mare e su quella barca ci sono medici e personale italiano ed europeo che sta vivendo lo stesso vissuto abbandonico.
Lavorare in condizione di stress, far partorire una donna in modo precario, accogliere bambini spaventati, preoccuparsi di affrontare un tragitto che mette a rischio anche la loro stessa vita.
Dovrebbero contemplarlo nella decisione di intraprendere tale lavoro?
Certo, ma forse oltre al mare in burrasca ed all’avaria non avrebbero mai pensato di essere rifiutati da quello Stato, che dovrebbe solo essere orgoglioso di avere tali organizzazioni a tutela degli altri.
Invece di chiudere i porti, perché non convocare un vertice UE?
Metto in salvo essere umani, tra cui il personale, e responsabilizzo l’Europa andandoci a lavorare.
Ma prima salvo vite umane.
Soprattutto, non utilizzo esseri umani per dispute territoriali e di competenza marittima, non li tengo in ostaggio finché il più “buono di turno” decida di fare un atto ordinario rendendolo straordinario, quello di salvare esseri umani. Un atto dovuto.
I diritti umani ed il diritto internazionale da una parte e la politica dall’altra. Non colpisco la vittima per farla pagare ai colpevoli.
Non sono né per l’assistenzialismo fine a se stesso, né per il buonismo e per l’accoglienza indiscriminata, ma temo la repressione. La storia ci insegna.
Dirette fb, tweet e slogan, conferenze stampa e violenza verbale.
Sono unicamente le azioni tecniche e professionali nelle giuste sedi nazionali, europee ed internazionali da attuare nell’intervento nei processi migratori