In qualità di Presidente della Comunità Internazionale “Sono Bambina, Non Una Sposa” di Mete Onlus, Giorgia Butera chiede verità da parte della famiglia per Saman Abbas, ragazza pakistana scomparsa a Reggio Emilia per aver rifiutato un matrimonio combinato.
L’Italia è dalla parte delle giovani ragazze costrette ad unioni forzate, vittime di una violazione che ne limita l’istruzione e provoca danni alla loro salute fisica e emotiva.
Il caso tragico di Saman non è da considerarsi episodio isolato, sono decine e decine i casi presenti nel nostro territorio, ciò è dovuto alla presenza di comunità straniere, che seppur perfettamente inserite, rimangono fedeli ai loro parametri culturali. In questa maniera, si genera il contrasto: da un lato le ragazze avviate ad un processo naturale di emancipazione occidentale, dall’altro le famiglie regolate da modelli patriarcali.
E poi, il flusso della migrazione forzata, la quale porta con sé (anche) storie di matrimoni infantili, precoci e forzati.
I matrimoni precoci e forzati trovano profonde radici negli squilibri di potere tra donne e uomini, in stereotipi e leggi che rispecchiano l’idea che la donna debba ricoprire un ruolo sociale e familiare subalterno, regolato da modelli patriarcali, sul consenso al controllo sociale sul corpo e sulle scelte sessuali delle donne.
Esistono zone in Italia con una prevalenza importante del fenomeno, come la Sicilia, l’Emilia Romagna e la Lombardia.
“Ineludibile, la necessità di istituire un Osservatorio Permanente ad opera di chi interviene in materia; fondamentale è rafforzare l’attività di sensibilizzazione ed informazione incontrando le varie comunità straniere e le scuole con una incidenza multietnica di notevole importanza” afferma la Presidente Mete Onlus. Non possiamo far finta che tutto questo non ci appartenga – conclude”.
Ricordiamo che nel 2019, presso l’Ufficio di Presidenza della Commissione Giustizia del Senato è avvenuta l’audizione da parte della Presidente Mete Onlus nell’ambito dell’esame dei disegni di legge nn. 174 e 662 in materia di costrizione matrimoniale nei confronti dei minori.
Parallelamente, l’audizione si è svolta in Commissione Diritti Umani al Senato della Repubblica.
In seguito, il “Codice Rosso” ha introdotto nel Codice Penale l’art. 558 bis “Costrizione o induzione al matrimonio”. Nello specifico: “Chiunque induce taluno a contrarre matrimonio o unione civile mediante violenza, minaccia, approfittamento di una situazione di inferiorità fisica o psichica ovvero mediante persuasione fondata su precetti religiosi è punito con la reclusione da uno a cinque anni”. La norma prevede che il delitto sia punibile “anche se è commesso all’estero in danno di un cittadino o di uno straniero legalmente residente in Italia al momento del fatto”.